il giro del giorno in ottanta mondi, Julio Cortazar, SUR 2017
Con il jazz esco sempre allo scoperto, mi libero del carapace dell’identico per acquistare spugnosità e simultaneità porosa. (p.8)
“Negli ottanta mondi del mio giro del giorno ci sono porti, alberghi e letti per i cronopios, e poi citare è citarsi, molti lo hanno detto e fatto, con la differenza che i pedan ti citano perché fa elegante, e i cronopios perché sono ter ribilmente egoisti e vogliono accaparrarsi gli amici, come faccio io con Lester, Man Ray e quelli che verranno, tipo Robert Lebel che descrive alla perfezione questo libro quando dice: «Tutto quello che lei vede in questa stanza, o meglio in questo magazzino, l’hanno lasciato gli inquilini precedenti e dunque non vedrà grandi cose di mia proprie tà, ma io preferisco questi strumenti del caso. La diversità della loro natura mi impedisce di limitarmi a una riflessio ne unilaterale, e poi, in questo laboratorio in cui sottopon go gli attrezzi a un inventario sistematico e, beninteso, in senso contrario a quello naturale, la mia immaginazione rischia meno di segnare il passo». Certo, a me sarebbe ro servite più parole per dirlo.” (p.10)
i suoi pensieri oscillano sempre fra l’infinito e lo starnuto. (p.14)
Se per poeta intendiamo alla lettera chi scrive poesie, la ragione per cui le scrive nasce dal fatto che il suo estraniamento come persona innesca sempre un meccanismo di challenge and responso; così, ogni volta che il poeta è sensibile alla sua lateralità, alla propria situazione estrinseca in una realtà in apparenza intrinseca, reagisce poeticamente; detto altrimenti scrive poesie che sono come pietrificazioni di questo estraniamento, quello che il poeta vede o sente al posto di, o al fianco di, o al di sotto, o al contrario di, con questo di che rimanda a ciò che gli altri vedono come credono che sia, senza spiazzamento né critica interna… gli estraniati sono poeti o filosofi professionisti. (p32)
Il tema di ogni racconto è anche la testimonianza di un estraniamento, quando non una provocazione tendente a suscitarlo nel lettore. (p.34)
Quando scrivo un racconto rifletto poco o niente; come succede con le poesie…I romanzi invece, sono stati imprese più sistematiche, in cui l’alimentazione di matrice poetica è intervenuta solo a intermittenza per portare avanti un’azione rallentata dalla riflessione. (p.36)
e una mattina cominciò soltanto a vedere, scrupolosamente a vedere e basta, e da quel momento tutto quello che vedeva lo vedeva morbido, lo ammorbidiva solo a vederlo, e lui era felice perché le cose dire non gli piacevano affatto. (p.55)
Pochi sanno che in realtà Ramon è un buco appiccicoso… Poi una mattina al risveglio il buco ebbe, cosa di certo rara, una specie di intravisione di sé, cadde in se stesso…divenne appiccicoso sul bordo esterno… il buco parla mentre Ramón dá delicati colpetti alla sua pipa di Erica (p.55)
non tutte le ricadute vanno dall’alto in basso, perché sopra e sotto non significano un granché quando non sappiamo più dove ci troviamo. (p.59)
meraviglioso e fantastico:
da bambino ero più sensibile al meraviglioso che al fantastico. .. Capisco che compivo un’operazione inversa e piuttosto ardua: rinchiudere il fantastico nel reale, realizzarlo…poi il fantastico è filtrato a poco a poco nella vita esteriore attraverso un atto di volontà…il giorno in cui scrissi il mio primo racconto fantastico non feci altro che intervenire di persona in un’operazione che fino a quel momento era stata vicaria; un Julio rimpiazzò l’altro con una sensibile perdita per entrambi. ha.66)
tutta l’ars combinatoria, l’apprensione delle relazioni soggiacenti, il sentimento che il rovescio smentisce, moltiplica, annulla il diritto,, sono modalità naturali di chi vive per aspettare l’inaspettato. L’estrema familiarità con il fantastico va ancora oltre; in un modo o nell’altro abbiamo già accolto quello che ancora non è arrivato, la porta lascia entrare un visitatore che verrà domani o è venuto ieri…. niente si conclude e niente inizia in un sistema di cui si posseggono solo coordinate immediate… Non c’è un fantastico chiuso perché siamo riusciti a conoscerne soltanto una parte e per questo lo consideriamo fantastico… come sempre le parole servono a gabbare buchi. (p.67)