La prima notizia è di Obama che ha firmato una legge per regolarizzare entro il 2015 l’uso di droni a scopo commerciale e civile nello spazio aereo statunitense. Non sarà facile regolare il traffico aereo con i droni che “voleggiano” di qua e di là. Da subito, invece, si autorizzano i corpi di polizia a testarli, e in qualche emergenza sono già stati usati (frontiera con il Messico…). La mia prima preoccupazione non è stata quella per la privacy. Mi sono chiesto: ma dove troveranno tanti piloti per guidare questi droni?
Il termine “drone” è in realtà improprio perché questi velivoli senza pilota sono fatti per essere riutilizzati. L’equivoco nasce forse dall’italianizzazione di “drone”, il ronzio del motore che li caratterizza. I droni, o Uav (Unmanned Aerial Vehicles), sono controllati a distanza da un pilota che non vola, ma addestrato a usare le più moderne tecnologie rimanendo seduto davanti a uno o più monitor. M’immagino queste persone timbrare il cartellino prima di fare sei ore di guerra o di spionaggio stando chiuso in un ufficio con qualche pausa per il caffè. Non devi più avere un fisico da atleta per fare il pilota. Ciò che veramente conta è la capacità di concentrarsi durante l’esecuzione, e la velocità di reazione agli imprevisti mantenendo un completo autocontrollo. Sono doti per le quali non serve allenare il fisico ma la mente.
La seconda notizia: una giornalista di New Scientist (Zap your brain into the zone: Fast track to pure focus) racconta di una seduta di addestramento virtuale in un laboratorio della California. Lì si studia come accorciare i tempi di addestramento dei soldati applicando degli elettrodi che aiutano a mantenere “calma e concentrazione” in una situazione di guerra simulata.
Lo “stato di intensa calma e concentrazione”, secondo alcuni ricercatori, è lo stesso che troviamo in tutti coloro che raggiungono vette di professionalità in campo artistico, scientifico e sportivo. Sempre da ricerche fatte e documentate si tratterebbe di uno stato mentale descrivibile come un flusso continuo in cui ci si sente immersi. Le quattro caratteristiche principali di questo “flusso” sono:
1 – concentrazione totale e perdita del senso del tempo
2 – sensazione che l’attività sia gratificante
3 – sicurezza delle proprie capacità e adeguatezza al compito
4 – e la sensazione, per esempio, che il pianoforte suoni da solo.
Poter ricreare questa condizione di flusso sarebbe molto utile per accorciare i tempi di addestramento (e quindi i costi) non solo per un tiratore scelto, ma per qualsiasi abilità purché dietro vi sia un po’ di talento. “Talento” è un’altra parola che, come “flusso”, sfugge a una diretta e condivisa comprensione. Diciamo che Mozart era un genio per il talento che dimostrava sin da piccolo. Ci vuole talento anche per fare il tiratore scelto? O basta la calma e la concentrazione?
Nel frattempo, per rimanere immerso nel flusso che permette performance eccezionali, si può ricorrere ad un espediente molto empirico: basta concentrarsi su un punto esterno del proprio corpo, per esempio l’acqua per il nuotatore o la mazza per il golfista, o il drone per il pilota.
Forse è possibile condizionare una persona per farla diventare un esperto in un tempo più breve, ma tra un tiratore scelto e un primo violino ci vedo ancora una enorme differenza.