Da L’Occhio di Calvino di Marco Belpoliti
Il paradosso: che la realtà sia fotografabile, e che ciò che si è fotografato sia la realtà.
La fotografia (raccolta ossessiva e documentabile di tutti gli attimi) conduce il soggetto alla follia con la sua pretesa di restituirciil reale in modo differito.
La maschera contiene più verità di ogni immagine fotografica.
L’occhio è l’organo della lettura/scrittura del mondo.
La scrittura di Calvino si muove tra il vedere e la visione.
La superficie del mondo.
La fotografia vorrebbe approfondire la conoscenza degli uomini, della vita, del mondo, e finisce col fermarsi alla superficie.
Ma quello che resta un limite all’approfondimento, diventa territorio infinito, estendibile a tutto.
Calvino è uno scienziato del racconto. Alcuni suoi romanzi sono “esercizi” sulla struttura del racconto.