Lanfranco

La porta di casa è aperta. Davanti, ci sono due donne giovani sedute sui gradini. Chiacchierano, e mentre parlano sbucciano i fagioli che tengono nel grembiule. Li separano dalla buccia e li gettano in una pentola di alluminio appoggiata sul gradino più  basso. Ogni tanto si piegano l’una verso l’altra e sussurrano qualche parola, finché scoppiano in una risata che s’irradia nell’aria e scaccia ogni tristezza.

Intanto le bambine e i bambini continuano a giocare e strillare, a rincorrersi sull’aia tra la diffidenza di polli e galline. Il cane li osserva dalla sua catena, ma quando uno dei bambini gli passa più vicino allunga il muso per mordergli le caviglie. Finisce sempre che vende la sua incazzatura di prigioniero per qualche carezza.

Ma ora voltati verso la casa: dalla porta ad arco, dove c’è la cantina e c’è il forno, esce una donna anziana vestita di nero, con i capelli bianchi raccolti a crocchia. Porta un cesto di grosse pagnotte ancora calde: nell’aria sento il profumo di pane cotto.La donna alza gli occhi al cielo e brontola qualche parola: ha preso l’abitudine di parlare con i Santi e in qualche caso direttamente con Dio.

A destra della fotografia, di spalle, c’è un uomo piccolo con la gobba che si sta allontanando. Prima di scomparire dietro l’angolo del fienile si ferma, aggiusta il cappello un po’ di lato, slaccia il panciotto e arrotola le maniche. Come ogni giorno a quest’ora è andato a sedersi su una grossa pietra coricata sul ciglio della strada sterrata, all’ombra, con i gomiti puntati sulle ginocchia e si sta arrotolando una sigaretta di trinciato forte.

 

A sinistra, improvvisamente sento lo scoppiettio di un motore. C’è un altro uomo di spalle: spinge sul pedale e dà un colpo di gas: tre quattro volte prima che la Vespa si metta in moto. Anche lui, come tutti, porta il cappello, ma è alto, magro, elegante. Il vestito grigio con doppio petto gli sta un po’ largo, e lo fa sembrare ancora più smilzo quando attraversa l’aia acccelerando e sobbalzando tra le galline.

Sento ancora il rumore della vespa Mi giro e vedo che alla finestra del primo piano si è affacciato un uomo con i capelli e i baffi neri. Osserva i bambini che giocano, osserva la moto che si allontana lasciando una sottile striscia di polvere sulla collina di fronte. Un muggito si mescola ai rumori e alle voci dell’aia. L’uomo coi baffi guarda verso le stalle, mentre con una mano prende l’orologio dal taschino. E’ tardi. Mi fa un cenno con la mano e scompare nel buio della stanza. È l’ora di mungere le vacche, e tutti corriamo nella stalla per guardare il nonno che munge il latte.