Cervello-mente

Giorgio Vallortigara (Alla scoperta del ramo d’oro) trascrizione

Il senso dell’assoluto.

“Il nostro senso dell’assoluto che si esprime, per esempio, nelle convinzioni religiose, è legato al funzionamento del cervello, lo è sia strutturalmente: noi oggi sappiamo che in certe circostanze, stimolando regioni particolari, per esempio la giunzione temporo-parietale, puoi indurre nelle persone la sensazione della presenza di un altro, per certi aspetti misterioso, una specie di agente non meglio identificato. E poi sappiano anche che l’origine di questi convincimenti e credenze è proprio legato al fatto che fin dall’inizio, dai primissimi albori delle menti nei bambini più piccoli c’è questa idea di un agente intenzionale che è astratto e pian piano si riempie di tutti i portati specifici delle culture delle società in cui uno va ad abitare. E può diventare il senso dell’assoluto.”

Gran parte del nostro sapere, della nostra intelligenza è il risultato delle relazioni che intratteniamo con gli individui e quindi con gli altri cervelli. Il cervello umano non ha nulla di diverso, in quanto tale, strutturalmente, da quello di altre creature, ma c’è una gran diversità che riguarda il fatto che gran parte della nostra conoscenza, della nostra intelligenza è fuori dai nostri crani. È in tutto quello che abbiamo costruito: la cultura, la società, gli oggetti materiali, e quindi risulta di fatto dalle interazioni che abbiamo avuto con gli altri cervelli.”

86 miliardi di neuroni, consuma circa 20 watt all’ora.

“Forse dobbiamo abbandonare la concezione un po’ semplicistica che la fuori ci sono delle cose, così come le percepiamo o sentiamo, e che queste vengano incorporate, portate in qualche maniera dentro di noi. Sembrerebbe che il risultato di quella attività elettrica nel cervello sia quello di ricavare del mondo quelli che potremmo chiamare aspetti significativi, o meglio quelli che l’etologo von Uexküll chiama marcatori di significato. La fuori, per esempio nel mondo visivo, c’è una specie di ‘continuo’, e quello che arriva sulle nostre retine sono quanti, fotoni di luce, e noi ricaviamo per esempio la presenza di un bordo: in effetti non è che la fuori ci sono i bordi, ci sono variazioni continue nella distribuzione di luminanza. Perché vediamo il bordo? Perché è stato incamerato nell’evoluzione biologica come un marcatore di significato, che è importante per un organismo biologico, perché marca, per esempio, la presenza di un precipizio… ci sono neuroni che hanno imparato a riconoscere per esempio la presenza delle facce”.

Lorenz riferendosi a Goethe: Se l’occhio non fosse solare come potrebbe guardare il sole.

“Se noi guardiamo le strutture morfologiche, per esempio le ali o le pinne hanno le caratteristiche che hanno perché hanno incorporato le leggi della dinamica o dell’idrodinamica, perché quegli organismi si sono evoluti in quegli ambienti, con quelle caratteristiche fisiche. In maniera simile il cervello ha la struttura che ha perché si è evoluto in questo ambiente con queste caratteristiche.”

La realtà vera, quella con cui noi abbiamo un contatto e una relazione diretta è quella delle nostre esperienze fenomeniche. Tutto il resto: i quark, le particelle, i geni, i neuroni, sono costruzioni, sono ipotesi. Noi siamo fiduciosi che siano vere o che approssimino bene la realtà. Però la realtà è quella della nostra esperienza, la reltà è quella della poltrona, del viso che sto guardando.”

“Buona parte del nostro comportamento dipende dalle memorie: o memorie che si formano nel corso della nostra vita individuale, o memorie che sono lì a lungo termine che sono state costruite sui tempi lunghi della filogenesi. Queste ultime memorie sono quelle che ci hanno preparato a riconoscere quelle caratteristiche che poi abbiamo formalizzato nella meccanica newtoniana. L’idea per es. che gli oggetti siano solidi, che occupano un certo spazio, che non gli puoi sottrarre impunemente quello spazio, questo fa parte di quella conoscenza di fisica intuitiva con la quale i bambini già vengono al mondo. Conoscenza che se non è stata appresa lungo l’ontogenesi vuol dire che è stata scritta lungo il processo filogenetico e incorporata direttamente nei nostri geni.” (15:00)

L’evoluzione dell’intelligenza può prendere forme differenti. Per esempio, pensiamo che all’interno del nostro cervello vi siano delle aree dedicate a particolari funzioni, ma un altro modo potrebbe essere quello di specializzare i singoli individui e poi di farli cooperare… accade con le formiche… è difficile dire che cosa sia meglio o peggio. Gli insetti da un punto di vista evolutivo hanno avuto un enorme successo.

La mente è sempre l’ultima a sapere. In molte circostanze il nostro accesso ai prodotti delle attività mentali, o ai risultati intermedi o finali, praticamente non c’è, ma non solo per le attività mentali sofisticate, ma anche per attività molto semplici. Per esempio, sostenere la scopa con un dito, come ci si riesce? si tratta di imparare a guardare nel punto giusto: devi guardare la punta dell’oggetto e muovere il dito senza guardarlo. È un apprendimento del tutto inconsapevole.

Se avessimo la risposta alla funzione biologica della coscienza credo che avremmo fatto un grande passo avanti sulla comprensione.

Che bisogno c’è che un gesto sia accompagnato da quel sentire e provare qualche cosa. Nicolas Humphrey dice che la funzione della coscienza, della consapevolezza, sia semplicemente quella di accrescere la nostra autovalorizzazione metafisica, e cioè che  attribuire così tanto valore alla nostra esperienza renda la vita degna di essere vissuta… pensiamo all’adolescenza. è il momento in cui i ragazzi e le ragazze scoprono in maniera molto intensa la propria vita mentale e trovano che sia così bella  e così ricca e profonda che debba essere in qualche modo celebrata (musica, poesia…) Può che quell’aspetto esperienziale abbia una funzione fine a se stessa.

Le emozioni hanno una funzione preparatoria in vista dell’arrivo dello stimolo esterno ma anche puramente interno, e il risultato è che ci saranno delle risposte sia di tipo strettamente fisiologico (battito cardiaco, mimica facciale …) sia di tipo cognitivo, per es. interpreto una situazione e soprattutto mi predispongo a eseguire certi comportamenti in relazione allo stimolo percepito. 

È vero che se in astratto le attività del cervello sono alla fine nient’altro che processi fisico-chimici, in un certo senso i nostri comportamenti, la nostra volontà è interamente determinata. Però questo è vero in linea di principio per chi guarda quella attività dall’esterno, dal punto di vista in terza persona. Ma per quello che riguarda l’individualità: tu soggetto che agisci decidi valuti, rimane valido il principio della tua personale responsabilità individuale, perché quella è riferita soltanto alla tua esperienza in prima persona, non alla descrizione in terza persona  che può fornire l’ipotetico neuroscienziato  col cerebroscopio.

“Un uomo può fare ciò che vuole ma non può volere ciò che vuole” (Camurri)