La città capitalista, oggi, è uno spazio che mira ad esistere senza cittadini, necessitando solo di consumatori – e si noti come a questa postura siano legate le trasformazioni territoriali di molte metropoli in materia di gentrificazione, turistificazione, foodificazione e così via, processi che hanno come ricaduta l’ampliarsi di una crepa tra amministrazione, territorio e popolazione, ledendo i diritti dei cittadini residenti.
scrive Moreno, “i principi di territorialità e prossimità sfumano, lasciando il posto ai mezzi di trasporto di massa, la metropolitana, i treni urbani ed extraurbani o l’auto, simbolo di potere e di successo sociale e professionale”. La dimensione temporale della vita metropolitana prende insomma il sopravvento su quella spaziale, in un cambiamento di dinamiche nato con l’industrializzazione e tuttora in corso che vede il tempo come un bene di lusso.
la prospettiva di rinnovamento urbano promossa da Moreno si configura proprio a partire dalla riconsiderazione della dimensione temporale della città, prima ancora che di quella spaziale: ripensare il modo in cui la metropoli assorbe il tempo dei suoi abitanti per rimodellare lo spazio a partire da nuove coordinate
Per Moreno, la città va ripensata attorno alle esigenze dei suoi abitanti che devono essere in grado, scrive, di poter accedere alle sei funzioni sociali urbane fondamentali (vivere, lavorare, rifornirsi, curarsi, imparare, divertirsi) impiegando un tempo massimo di 15 minuti all’interno di un perimetro spaziale ridotto. Di certo una rivoluzione di complessità direttamente proporzionale alla vastità del territorio su cui si intende applicare, al punto che in materia di città-regione e territori più ampi il perimetro proposto da Moreno si amplia di altri 15 minuti arrivando alla mezz’ora.
La città in questo modo, secondo Moreno, potrebbe subire ulteriori modifiche puntando alla de-mobilità e riconfigurandosi come spazio di prossimità. Contro l’anonimato, l’angoscia, la solitudine e la corsa incessante del vivere in città, l’idea di prossimità permetterebbe di modellare spazi a misura d’uomo configurati come reticolari e de-centralizzati.
per Moreno da quattro aspetti fondamentali. Di questi i primi tre – vicinanza, densità e diversità – operano in maniera sinergica: l’idea di una città simile vede la vita svolgersi in spazi urbani condivisi, in cui l’effettiva densità si traduce in inclusione, presenza associativa, iper-vicinato. Tutto ciò a sua volta presuppone una partecipazione degli abitanti all’uso e alla progettazione degli spazi, che mirino a sostenere le categorie sociali più fragili, alla parità di genere e alla valorizzazione culturale. Da ultimo, Moreno non manca di rilevare il ruolo della tecnologia nel quarto aspetto che definisce “ubiquità”.
Nel ripensare gli spazi diventa fondamentale il ruolo della tecnologia – intesa come strumento al servizio del cambiamento e non più come alleato subdolo del capitalismo predatorio da piattaforma – in quanto mezzo per creare legami sociali, favorire la comunicazione e inventare nuovi modelli democratici.
Quest’amalgama di fattori non solo potrebbe fare fronte alle dimensioni fuori controllo delle città, favorendone il policentrismo e la gestione amministrativa, ma risulterebbe in grado di generare una coscienza dell’abitare capace di svincolare progressivamente i luoghi dalle logiche del mercato e dell’urbanizzazione capitalista (ripensando le relazioni col settore privato, combattendo la mercificazione e salvaguardando l’interesse delle comunità), di difenderne il servizio pubblico, tornando a concepire la città come spazio di espressione di chi la vive.
Nel solco di una città organica, cara ai principi del “New Urbanism”, questa strategia di ripensamento degli spazi prende nome di crono-urbanismo che fa della temporalità e della prossimità risorse utili alla qualità di vita e alla sostenibilità ambientale della città. È una strada lunga, chiosa Moreno, che ha bisogno di ricerca e analisi dei territori, esaminando e conoscendo le risorse di cui si può beneficiare, ma, alla prova dei fatti, la città dei 15 minuti è una strategia politica e sociale in grado di riportare il conflitto produttivo all’interno degli spazi urbani nel nome di una rivendicazione legittima a città più giuste e meno impattanti.