La moderazione come ricerca della soluzione a metà tra gli opposti è una strategia molto usata in politica. Di solito nascono così soluzioni che sollevano maggiori problemi, perché non soddisfano, di fatto, nessuna delle aspettative contrapposte.
Alcune riflessioni sull’estremismo moderatista lette in un blog (Linkiesta.it);
“il moderatista è figlio del relativista, è figlio della resa relativista al problema dell’is/ought, cioè della derivazione dei valori dai fatti. Non potendo offrire una posizione valutativa, il moderatista si illude di poter non valutare, cerca di mediare e trovare mezze misure. Il risultato sono ircocervi normativi come il bambino di Salomone tagliato in due, ovviamente.
Però che altro può fare il moderatista relativista? Poverino: non ha una proposta morale esplicita da fare, non ha argomenti morali – per quanto i due termini siano poco compatibili – da portare avanti, e si limita dunque ad essere moderatista, cioè escludere solo le posizioni più cruente ed estreme, lasciando libere di sfogarsi tutte le posizioni intermedie, indipendentemente da quanto sono inique, insostenibili, parassitarie, etc. Il risultato del moderatismo è che tanto veleno è male, ma morire per tante piccole dosi assunte ogni giorno per anni no.
Anche qui, il moderatista è necessariamente un conservatore, e usando la terminologia di Popper, si illude che ogni problema sia un problema risolvibile in maniera piecemeal, cioè con piccoli graduali aggiustamenti, e che non si possa mettere in discussione, né provare a cambiare, la cornice istituzionale sottostante ai cambiamenti piecemeal.”