L’AUTOCRITICA DELL’ANTROPOLOGIA, di James Clifford, maggio 2022
Si crede forse che, in questo mondo globalizzato, conosciamo già gli aspetti importanti delle altre società. Ma così,. le caratteristiche distintive scompariranno presto oppure saranno preservate solo come “patrimonio” per il turismo. E la lettura curiosa e aperta che l’antropologia offre dell’alterità di certo apparirà sempre minacciosa per i valori stabili e tradizionali.
Al giorno d’oggi proliferano forme limitanti di conservatorismo e di nazionalismo difensivo, ed è per questo che cresce la resistenza verso le narrazione complesse che l’antropologia propone.
I principali contributi dell’antropologia nel XX secolo:
a) l’idea relativistica di cultura. Prima si considerava la cultura solo come un sostantivo singolare che indicava l’estremità superiore di una progressione da primitivo a civilizzato. L’antropologia sosteneva invece che la cultura è di tutti e gli etnografi hanno dimostrato che le società apparentemente più semplici utilizzavano lingue complesse, sostenevanono strutture familiari elaborate, e la loro vita economica e religiosa si adattava ai mondi che abitavano.
Il relativismo culturale inquieta ciò che diamo per scontato; interroga ciò che riteniamo più sacro; espande ciò che possiamo immaginare.
b) critica dell’essenzialismo razziale. L’antropologia oggi alleata con la genetica mostra l’incoerenza del pensiero razziale e afferma le molteplici determinazioni e interazioni della diversità umana.
Si è superata anche la visione antistorica e tassonomica che aveva dominato l’evoluzionismo ottocentesco. Il concetto antropologico di cultura che ereditiamo nel xxi secolo è invece storico, anzi multi-storico: le persone cambiano incessantemente, ma non nello stesso modo e nella stessa direzione.
La contestazione dell’anti-imperialismo ha messo i crisi la disciplina che negli anni settanta e ottanta ha attraversato un processo di autocritica. Le fonti erano l’anti-colonialismo, la teoria post-modernista e il femminismo, che hanno spinto verso una ricerca più auto-riflessiva e collaborativa.
c) etnografia: un’interrogazione empiricamente informata e scettica. L’ascolto delle culture e delle storie rivela voci, alternative, alleanze e possibilità storiche inattese.
Il lavoro è empirico e relativistico e racconta storie di Io e di altri – umani e non umani – inestricabilmente intrecciati.
In un’epoca come questa dobbiamo essere in grado di accogliere, e giustapporre, storie diverse su dove stiamo andando, separatamente e insieme. Viviamo con l’incertezza e l’ambivalenza. La mia collega Donna Haraway ci esorta ad abitare i problemi.