Dall’argomentazione all’insulto

Intervista a Luciano Canfora, Divercity dicembre 2020

Si è calcolato che l’analfabetismo in Italia, in particolare al sud e nelle zone di campagna delle regioni del nord, intorno al 1950 fosse pari a quello della Russia zarista. Prima di raggiungere la conquista del cosiddetto linguaggio universale, cioè una lingua comune parlata e compresa da tutti, al di là dei vari dialetti regionali, ci sono voluti altri vent’anni. Questo coinvolgimento delle fasce della popolazione più povere è avvenuto, in parte, grazie al cinema (ancora troppo elitario), ma principalmente con l’avvento della televisione, come ha largamente documentato il lavoro di Tullio De Mauro “È la televisione che ha unificato il linguaggio della nazione”. Ma come lo ha fatto? Semplificando, banalizzando. Questo è un problema morale.

Sarebbe utile rileggere o riascoltare i discorsi di alcuni politici del passato: sono costruiti attraverso la tipica struttura retorica di Demostene e Cicerone: da un lato appresa sui banchi di scuola del liceo o nelle aule universitarie; dall’altra emersa dallo studio dei grandi statisti. E’ solo negli ultimi vent’anni che il linguaggio politico è andato degenerando. Dall’argomentazione si è passati all’insulto. Si è perso il ragionamento. Cosa non meno fastidiosa è l’enorme influenza dei modelli: gli Stati Uniti, di cui siamo un protettorato, rappresentano oggi l’avanguardia della banalità.

La tematica, diversità e inclusione, è cosa nobilissima se fa riferimento alle libertà individuali, ma può essere ingannevole se applicata a corpi sociali, intesi come classi sociali. Do un esempio: un operaio dell’Ilva è chiaramente diverso dal proprietario dell’Ilva. Ma se, per rispettare la diversità tra loro, ognuno alla fine resta nella sua condizione, allora non va bene. Si crea un sillogismo falso che Aristotele definirebbe paralogismo. Cioè si inserisce nel ragionamento un termine medio che ha doppio significato. Un buon esempio di sillogismo è il noto: gli uomini sono mortali; Socrate è uomo; Socrate è un mortale. Un noto paralogismo, invece, è: un cerchio è una figura geometrica; i poemi epici sono un cerchio (in greco cerchio è kuklos, sia “cerchio” che “ciclo epico”); i poemi sono una figura geometrica.

Ripeto: “diversità e inclusione” è un movimento culturale importantissimo là dove riguarda la rivendicazione e la garanzia o addirittura l’anticipazione di diritti individuali, ma non è altrettanto efficace se mira a risolvere il problema reale delle disuguaglianze tra classi sociali. Il rischio è il mascheramento del problema dietro la famosa foglia di fico.