La tana del bianconiglio: teorie del complotto e gnosticismo, di Gianluca Didino, L’indiscreto, (Galleria Pananti)
il meme (la pillola rossa) è solo la punta dell’iceberg di un discorso molto più ampio e stratificato che può essere riassunto nel mondo seguente: il mondo che consideriamo “reale” non è altro che una costruzione creata e manipolata da forze occulte che si nascondono nell’ombra, cospirazione che può essere svelata da uno o più iniziati possessori di una conoscenza speciale.
Questo modo di pensare al mondo e all’informazione è un modo propriamente gnostico. Esso si basa cioè sui tre capisaldi della mitologia gnostica così come ci è stata tramandata nei secoli: il mondo che conosciamo è in realtà falso, una simulazione fabbricata da un Demiurgo di qualche tipo; oltre a questo mondo ne esiste un altro, il mondo “reale”, naturalmente migliore di questo, a cui è possibile accedere attraverso un’informazione-chiave, la gnosis; questa informazione viene tramandata a una cerchia ristretta di eletti, iniziati di un culto esoterico che conoscono la verità che si nasconde dietro l’illusione.
Al centro del pensiero gnostico c’è un mito che ricorre in tutte le tradizioni prese in esame da Couliano, da quelle propriamente gnostiche (in Valentino e nei Manichei, ad esempio) a quelle pseudo-gnostiche come i miti degli indiani Maidu della California. Secondo questo mito un dio o una dea avrebbero infranto una legge, spesso identificata con un peccato di tipo sessuale come l’accoppiamento con sé stessi o l’autofecondazione. Da questo atto contrario alla legge sarebbe nato un dio decaduto, spesso rappresentato come ignorante e spaccone e talvolta identificato con la figura del trickster, che avrebbe dato vita al mondo. Questo mondo è dunque «se non nettamente cattivo pur sempre un prodotto inutile costruito dal Demiurgo sulla base del fantasma archetipale inscritto nel suo inconscio, il sogno di un sogno, un’illusione destinata a scomparire nel nulla». Il dio o la dea originari, inorridendo di fronte all’opera del proprio figlio abominevole e sentendosi in colpa per il destino di dolore toccato agli esseri da lui creati, avrebbero deciso di aiutare gli uomini con la luce della gnosi, l’unico strumento che permetta loro di fuggire la prigione del mondo materiale per ricongiungersi con gli dei.
Couliano arriva a fare una delle affermazioni più sorprendenti di tutto il suo libro, quella per cui lo gnosticismo sarebbe una forma di controcultura del proprio tempo.
inquietante sovrapposizione tra ambienti della cultura hippy e New Age e il suprematismo bianco. La penetrazione delle teorie di gruppi come QAnonnell’apparentemente placido mondo dei ritiri di yoga si deve secondo l’autore dell’articolo, Julian Walker, al fatto che la cultura New Age è profondamente intrisa di sospetto nei confronti della narrazione “ufficiale” del mondo, proprio come l’Alt-Right.
nel 1998, nel suo libro di culto Techgnosis, (Techgnosis. Miti, magia e misticismo nell’era dell’informazione. 2001) Davis elaborava il tema della cosiddetta “gnosi dei media”, cioè il substrato mistico-religioso di carattere spiccatamente gnostico che permea molta della storia dei media digitali, soprattutto nella linea che va dall’inventore del concetto di noosfera Teilhard De Chardin a Marshall McLuhan al teorico dell’intelligenza collettiva Pierre Lévy, tre autori più o meno dichiaratamente religiosi. Al centro di questa corrente, che attraversa tutta la storia dell’informatica, si trova una forma tecnologicamente aggiornata di antisomatismo e l’idea che lo scopo ultimo dei media digitali sia quello di liberarci dalla prigione del corpo e ricongiungerci con il puro spirito. In questo mito gnostico contemporaneo, la dematerializzazione operata dal digitale sarebbe quindi il primo passo per liberare l’anima dalla materia (il “ghost” dalla “shell” in cui è contenuto) e avvicinarci a Dio, sia esso inteso nella maniera propriamente cristiana come in Teilhard o nella forma tecnologicamente avanzata di una Singolarità informatica come in Lévy.
momento fondamentale in cui il mito gnostico (naturalmente presente nella controcultura californiana) passa alla nascente cybercultura. A caratterizzare questo passaggio sono fattori come «la trascendenza attraverso la tecnologia, una sete per l’estasi dell’informazione, una spinta a ingegnerizzare e perfezionare la scintilla incorporea del Sé». A questo principio positivo rappresentato dall’informazione incorporea, si contrappone il potere demiurgico delle «tecnologie della sorveglianza e i calcoli invisibili della manipolazione mediatica orditi per controllare la società e mantenere le persone addormentate».
Il percorso tracciato da Davis mi sembra che spieghi in maniera convincente la diffusione enorme, anche se spesso non percepita come tale, della mitologia gnostica nel cinema (soprattutto di fantascienza) degli ultimi vent’anni, una tradizione ricostruita da Paolo Ribieri nella sua analisi dei «messaggi gnostici nel cinema».
Insomma ci troviamo di fronte a una discendenza di questo tipo: il pensiero gnostico delle origini ha attraversato i secoli grazie a una fascinazione per l’esegesi inversa che ha toccato periodi e autori diversi (abbiamo detto di Blake e dei Romantici, ma molto nota è anche l’interpretazione dell’esistenzialismo come nuovo gnosticismo fornita da Hans Jonas) fino ad approdare alla controcultura degli anni Sessanta e Settanta. Da qui il mito gnostico è entrato nel nascente discorso sulle tecnologie informatiche e, attraverso il cyberpunk, al cinema mainstream e a internet.
Ma dove affonda oggi le sue radici il nuovo gnosticismo?
Come ha fatto notare Roberto Paura proprio qui sulle pagine dell’Indiscreto, la risposta va ricercata a un primo livello nel rapporto sempre più instabile che nel nostro mondo intercorre tra realtà e finzione: tra notizie false diffuse di proposito, video deepfake e meme utilizzati come armi di guerriglia, distinguere ciò che è vero da ciò che è falso è sempre più difficile.
In secondo luogo credo che il ritorno delle mitologie gnostiche sia dovuto al carattere sempre più strano e implausibile della nostra realtà, nella quale capitano eventi tanto improbabili che è talvolta più facile credere alla fiction piuttosto che immaginare che tutto ciò stia succedendo davvero:
Il problema qui è quello della costruzione di senso: di fronte all’insensatezza del mondo reale siamo naturalmente portati a creare fiction che giustifichino ciò che non siamo in grado di comprendere altrimenti, e poco importa che queste fiction siano fantasiose.
ruolo giocato dall’informazione nel pensiero gnostico. E lo fa attraverso l’opera di quello che è forse il più grande gnostico moderno, Philip K. Dick. Dick era gnostico nel senso pieno del termine («Penso che qualsiasi esperto di gnosticismo che leggerà i miei appunti dirà: tu sei uno gnostico», scrisse una volta. «Non ne sono felice, ma è così»)… Dick stesso ricevette infine la gnosi sotto forma di un flusso di informazione proveniente dal satellite VALIS, dal quale ricevette un’illuminazione che si tradusse nelle migliaia di pagine della sua Esegesi.
Poniamoci nella mente dell’utente di internet che ha la percezione vaga ma persistente che ci sia qualcosa che non torna nel mondo che vede intorno a sé. Ciò che gli arriva attraverso i suoi contatti Facebook è un mondo un po’ troppo strano per essere plausibile e un po’ troppo indistinguibile da un prodotto mediatico (un film catastrofista, un videogioco sparatutto) per non fargli sospettare che sia stato costruito ad arte da qualcuno. Spesso, in effetti, il suo mondo è stato costruito da qualcuno, le sue percezioni e le sue opinioni manipolate da entità occulte che si aggirano nell’ombra delle identità digitali. Il mondo così come gli viene raccontato è una finzione, una storia nei confronti della quale non è più in grado di sospendere l’incredulità. A questo punto il nostro utente è un iniziato pronto a ricevere la gnosi: sta già inconsciamente cercando il tassello di informazione-chiave capace di hackerare la sua visione del mondo e di invertire la sua esegesi del reale.
Ma, per quanto il nuovo gnosticismo finisca alla fine per avvitarsi su sé stesso, producendo una esegesi inversa infinita in cui ogni mondo è la teoria del complotto di un altro mondo, e per quanto i risultati di un’opera esegetica fuori controllo siano spesso deliranti, rimane il fatto che esso tocca le corde di una verità più profonda di quella letterale, come capita a tutte le esegesi: la percezione che questo mondo, così com’è, non va bene; che è fasullo, corrotto, impossibile e persino incomprensibile se non viene spiegato come il prodotto di un dio pazzo. In ogni esegesi gnostica c’è quell’«incandescente desiderio di libertà» di cui parlava Davis, oggi come un tempo, quel rifiuto del mondo com’è e quella spinta verso una dimensione più elevata dell’esistenza. Nel migliore dei casi (quando, cioè, non sfoga la propria carica pulsionale su un capro espiatorio casuale) la spinta gnostica ci porta a un momento di vero misticismo, in cui siamo costretti a mettere in discussione la natura del mondo e il nostro posto al suo interno.
Nella scena culmine di Donnie Darko, Donnie incontra Frank, il coniglio gigante che gli porta la rivelazione dell’apocalisse. «Perché indossi quello stupido costume da coniglio?», gli chiede Donnie, al che Frank risponde: «Perché indossi quello stupido costume da uomo?» Al che Donnie non può far altro che rimanere in silenzio e comprendere.