Metafisica dell’intelligence, di Giuseppe De Ruvo – Limes 11/2023
«L’Io umano è l’Io di un desiderio o del Desiderio. La vera essenza dell’uomo, dell’essere autocosciente, dunque, implica e presuppone il desiderio. Di conseguenza, la realtà umana può essere formata e mantenuta solo all’interno di una realtà biologica, di una vita animale» (A. KOJÈVE, Introduction to the reading of Hegel, Ithaca 1969,) (181)
L’intelligenza non è altro che la capacità di comprendere concettualmente l’essente nella sua rete di rapporti e nella sua profondità storica, semantica e relazionale. In definitiva, dunque, essa si confgura come «comprensione dell’interiorità dell’oggetto da conoscere» 18. Ed è proprio questa natura dell’intelligenza che mette in questione il mito del «puro fatto». Scavando nella profondità di ogni dato, infatti, il soggetto conoscente scopre come esso, lungi dall’essere neutro, abbia in realtà una storia alle sue spalle.
Intus-legere signifca dunque andare oltre l’immediatezza del dato, scoprendo non la sua assolutezza e univocità quasi matematica, quanto il suo essere prodotto, la sua natura sempre viva e umana. Al suo interno, nelle viscere della sua essenza, riposano infatti le tracce di quei desideri e di quelle pulsioni che l’hanno generato. Altro che computazione della pura fattualità: l’intus-legere ci permette di superare ogni immediatezza, ogni determinazione astratta e a-storica delle informazioni. Così aprendo a una nuova considerazione delle cose del mondo, in virtù della quale siamo in grado di cogliere l’«essere come prodotto» del «lavoro di tutti e di ciascuno». (182)
I nuovi algoritmi di machine learning basati su reti neurali profonde riescono a produrre in un tempo brevissimo delle previsioni estremamente accurate, basate su una quantità d’informazioni che il cervello umano non riuscirebbe a computare neppure nel corso di una vita, ma non sanno spiegare il perché e il come vi siano giunti. … le intelligenze artifciali (Ai) non sono in grado di spiegare perché prendono determinate decisioni.
nel processo di calcolo vengono ignorate tutte quelle specifcità umane, sociali e storiche che sarebbero invece necessarie per comprendere in profondità ciò che un dato signifca… l’intelligence rischia di trasformarsi in una disciplina centrata esclusivamente sul rapporto tra volume di dati, capacità di calcolo e sviluppo di algoritmi.
L’intelligenza dell’intelligence artifciale è dunque fondamentalmente matematica, computazionale e, per definizione, priva di ogni riferimento alla profondità del dato.(183/4)
Possiamo ancora chiamarla intelligenza? Forse, ma tenendo presente che, nelle parole di Hegel, essa si basa su «un’attività esteriore alla cosa» 30. Dato che il procedere computazionale e positivista non guarda dentro il dato (intus-legere) e non ne coglie le relazioni profonde (inter-legere), esso ha «un contenuto indifferente, esteriore e privo di vita» 31, incapace di restituire quella vivacità e quella storicità che invece un’intelligence umana può ancora offrire.
L’intelligenza meccanica, sia essa artifciale o no, è basata sul calculemus, non sull’intus-legere. In alcuni casi – in particolare in determinate situazioni belliche e tattiche – questo approccio può essere utile, perché permette di scremare la complessità di alcune situazioni che altrimenti sarebbero diffcili da affrontare per gli esseri umani. E tuttavia l’effcacia tattica di queste procedure non legittima il loro utilizzo a un livello superiore.
L’intelligence strategica ha sempre bisogno di una geopolitica a essa sottesa, ovvero di un’analisi dialettica e umanistica dei confitti di potere, in grado di intuse inter-legere tutti quei fattori che un approccio meccanico non può che ignorare perché non è in grado di calcolarli.
l’intelligence deve dunque dotarsi anche di una metafisica, di un pensiero che sia in grado di sprigionare le potenzialità strategiche racchiuse nell’intus-legere.
Metafisica per l’intelligence significa dunque consapevolezza del fatto che dietro a ogni dato c’è in realtà un mondo fatto di conflitti di potere, di tradizioni culturali e di codici negoziali. Intus-legere signifca prendere in considerazione tutti questi fattori. E vuol dire, soprattutto, non ignorarli in vista di una maggiore efficienza logico-formale. Per l’intelligence e la geopolitica, infatti, valgono le stesse parole che Hegel dedicò alla flosofa: se esse fossero mero formalismo, si esaurirebbero in mezz’ora. (185)
“Il significato non è altro che l’emanazione di un contesto metafisico. In un certo senso, ogni uomo si crea la sua propria immagine del mondo. (…) Anche per questo, dunque, la storia è inseparabile dalla metafisica e implica una profonda consapevolezza dei misteri e delle possibilità propri non solo della natura, ma dell’umanità in quanto tale. (…) Esiste un livello di signifcato ulteriore. Ed è reso evidente dall’opera di pensatori come Dostoevskij, Schweitzer, Omero e Shakespeare. (…) I misteri più profondi della vita non possono essere approcciati analiticamente. Essi necessitano dello sguardo del poeta, in grado di cogliere l’unità della vita, più grande di qualsiasi, per quanto minuziosa, analisi delle sue manifestazioni» (Kissinger 1954) (186)