Non avevo molta voglia di uscire questa notte, ma quel romanzo mi stava intristendo. Finirà male, ci avrei scommesso. Poi è squillato il telefono e “A” mi ha chiesto se volevo bere una birra. Perché no? Ho preso la giacca e il cappello e sono uscito. Mentre aprivo il portone di legno sulla strada ho sentito l’aria fresca e gli odori di cemento e asfalto appena bagnati. Stava per scoppiare uno di quei temporali improvvisi che arrivano quando la terra ormai è secca e l’asfalto ricoperto di polvere. Ho alzato gli occhi verso il cielo e ho sentito sulle spalle una massa buia e incombente, sostenuta dalla flebile luce dei lampioni.
Scendo dal tram a metà del corso. Piove ancora. Una pioggia sottile e pungente che il vento soffia da tutte le parti. Il semaforo è rosso ma passo ugualmente perché non ci sono auto in arrivo. Cazzo questa da dove sbuca. – Stronzo! Accendi i fari non vedi che è notte stronzo! Ma guarda quello. Mezzo metro e mi tirava sotto. L’auto si allontana velocemente lungo il corso, tra due file di alberi che si muovono al vento. Non mi ha neppure visto oppure sì? La strada bagnata riflette le luci, le fronde ondeggiano davanti ai lampioni e ombre nere si spostano rapidamente in ogni direzione. Manca uno spartito, penso, e un attimo dopo rimango incantato dallo spettacolo. Non c’è bisogno di spartito. Il caos è un ordine perfetto.
Cammino lungo il muro.