Filosofia e diritti animali (rinascita animalista)
“La vera bontà dell’uomo si può manifestare in tutta purezza e libertà solo nei confronti di chi non rappresenta alcuna forza. Il vero esame morale dell’umanità, l’esame fondamentale (posto così in profondità da sfuggire il nostro sguardo) è il rapporto con coloro che sono alla sua mercé: gli animali. E qui sta il fondamentale fallimento dell’uomo, tanto fondamentale che da esso derivano tutti gli altri.“
Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere.
Dal nomadismo all’agricoltura – Le cose cambiano drammaticamente quando, verosimilmente a seguito del passaggio dalla fase nomadica dell’umanità a quella stanziale, basata sull’agricoltura e sull’allevamento, l’uomo deve sancire il suo diritto di sfruttamento su tutti gli altri esseri viventi e, pertanto, elabora una serie di visioni del mondo basate su una rigida divisione tra mondo umano (“culturale”) e mondo animale (“naturale”), che, purtroppo, perdurano a tuttoggi, improntando in una sorta di pensiero implicito il nostro modo di guardare agli animali non-umani.
tendenza collaudata nell’usare una metaforologia animale per vilipendere altri gruppi umani (dagli indiani d’America, agli africani, agli ebrei, ecc.) al fine di rendere più facile il loro asservimento come schiavi o la loro eliminazione in guerra.
Famosi processi medioevali agli animali (per esempio, nel 1394, a Mortaign, un maiale fu impiccato, dopo regolare processo, per aver mangiato un’ostia consacrata e ad un altro, accusato di infanticidio, la corte riconobbe l’aggravante di aver mangiato il bambino di venerdì, tradizionalmente giorno di digiuno!)
Riassumendo, Cartesio, erede della “grande” tradizione aristotelico-tomistico-paolina, parla di “bestie-automi”, che diventano per Malebranche “bestie-orologi con tubi sonori” (Malebranche argomenta che se Dio esiste non può far soffrire delle creature innocenti non coinvolte nel peccato originale. Dunque, poiché è certo che Dio esiste, gli animali non possono avere capacità di soffrire) e poi “bestie-diavoli” per il gesuita Bougeant (Bougeant argomenta che poiché è indubitabile che Dio esista e poiché è altrettanto indubitabile che Dio non farebbe soffrire degli innocenti, ne consegue necessariamente che gli animali siano in realtà ricettacoli dei demoni in attesa del giudizio universale. Pertanto, non solo noi non abbiamo alcun dovere nei loro confronti, ma addirittura è un dovere di fede il farli soffrire!). Spinoza chiude il cerchio sostenendo che anche se gli animali soffrono, a noi, in fondo, non deve interessare granchè.
Riassumendo, Cartesio, erede della “grande” tradizione aristotelico-tomistico-paolina, parla di “bestie-automi”, che diventano per Malebranche “bestie-orologi con tubi sonori” (Malebranche argomenta che se Dio esiste non può far soffrire delle creature innocenti non coinvolte nel peccato originale. Dunque, poiché è certo che Dio esiste, gli animali non possono avere capacità di soffrire) e poi “bestie-diavoli” per il gesuita Bougeant (Bougeant argomenta che poiché è indubitabile che Dio esista e poiché è altrettanto indubitabile che Dio non farebbe soffrire degli innocenti, ne consegue necessariamente che gli animali siano in realtà ricettacoli dei demoni in attesa del giudizio universale. Pertanto, non solo noi non abbiamo alcun dovere nei loro confronti, ma addirittura è un dovere di fede il farli soffrire!). Spinoza chiude il cerchio sostenendo che anche se gli animali soffrono, a noi, in fondo, non deve interessare granchè.
La dottrina marxiana classica, discendendo dalla dialettica hegeliana non si discosta molto da questa nel giudizio essenzialmente negativo sugli animali e porta a delle conseguenze pratiche non dissimili da quelle della tradizione “borghese”. Eccezione Rosa Luxenburg e Scuola di Francoforte. Marx che Engels salutano positivamente la teoria darwiniana, in quanto incrina le posizioni creazioniste dei loro avversari, però essi pongono subito in chiaro che una cosa sono gli animali (per i quali va bene l’evoluzione darwiniana) ed un’altra gli uomini (per i quali valgono le leggi del materialismo storico).
subito dopo la sua ascesa, Hitler ha reso illegali tutte le società vegetariane tedesche e ha perseguitato i suoi esponenti (come verificare?)
“Noi siamo stati discepoli delle bestie nelle arti più importanti: del ragno nel tessere e rammendare, della rondine nel costruire case, degli uccelli canterini, del cigno e dell’usignolo nel canto, con l’imitazione”. (Democrito, I Presocratici, B 154).
Similmente riteniamo che tutti gli uomini, ma anche tutti gli animali sono della stessa razza, perché i principi dei loro corpi sono per natura gli stessi […], e ancor più perché l’anima che è in loro non è diversa per natura in rapporto agli appettiti, ai movimenti di collera, ai ragionamenti e soprattutto alle sensazioni”. (Teofrasto, Della Pietà).
E’ per la vanità di questa stessa immaginazione che egli si eguaglia a Dio, […] che trasceglie e separa se stesso dalla folla delle altre creature, fa le parti agli animali suoi fratelli e compagni, e distribuisce loro quella porzione di facoltà e di forze che più gli piace”. (Michel de Montaigne, Saggi).
“Quella dell’uomo [anima] è medesima in essenza specifica e generica con quella de le mosche, ostreche marine e piante, e di qualsivoglia cosa che si trova animata o abbia anima […] Quindi possete capire esser possibile che molti animali possono aver più ingegno e molto maggior lume d’intelletto che l’uomo”. (Giordano Bruno, Cabala del cavallo pegaseo).
I barbari uomini prendono questo cane che suol vincerli così facilmente nell’amicizia: lo inchiodano su una tavola, e lo sezionano vivo per mostrarti le vene mesenteriche. Tu scopri in lui gli stessi organi di sentimento che sono in te. Rispondimi, o meccanicista, la natura ha dunque combinato in lui tutte le molle del sentimento affinchè egli non senta? Il cane ha dei nervi per essere impassibile? Non fare più di queste balorde supposizioni. (Francoise-Marie Voltaire, Dizionario filosofico).
un essere dalla struttura simile alla nostra, che compie le stesse operazioni, che prova le stesse passioni, gli stessi dolori, gli stessi piaceri […]: un simile essere non ci mostra forse chiaramente di sentire i suoi torti ed i nostri, di conoscere il bene ed il male, insomma di avere coscienza di ciò che fa?”. (Julien Offroy de La Mettrie, L’uomo macchina).
Nessuna creatura è insignificante, ma, fino che ha vita ha diritto alla felicità. Privarla di essa è un’ingiustizia”. (Humphry Primatt,)
nessuna verità appare più evidente di questa: gli animali sono dotati di pensiero e di ragione come gli uomini (David Hume, Trattato sulla natura umana)
Al riconoscimento della non strumentalità del mondo, non può non seguire la critica sferzante del modo di concepire opposto, che porta da un lato, ad evidenziare quel filo rosso (di sangue) che collega sfruttamento animale a sfruttamento umano e, dall’altro, a definire l’uomo come “animale mancato” (Nietzsche)
La crudeltà degli animali contro quelli appartenenti ad altre specie ha per motivo la fame, il bisogno di nutrimento; la crudeltà dell’uomo contro l’uomo ha per unico motivo la vanità dei suoi capi e la follia dei suoi assurdi pregiudizi”. (Paul-Henry Thiry D’Holbach, Il buon senso).
“Per non distruggerla, l’uomo deve mostrare bontà di cuore già verso gli animali perché chi usa essere crudele verso di essi è altrettanto insensibile verso gli uomini. Si può conoscere il cuore di un uomo già dal modo in cui egli tratta le bestie”. (Immanuel Kant, Lezioni di etica).
“Noi siamo fieri del progredire della nostra civiltà, esaminiamo con soddisfazione ciò che consideriamo come suoi successi in tutte le branche della vita sociale, ma osserviamo pure che la nostra esistenza è spesso fondata sui principi più ingiusti e crudeli, e che l’umanità dell’avvenire ne parlerà con la stessa ripugnanza che noi proviamo oggi per la schiavitù e la tortura, come errori di altri tempi, che la civiltà ha abolito”. (Lev Nikolaevič Tolstoj, Contro la caccia).
All’uomo appartiene la ragione dal decorso spietato; l’animale, da cui trae le sue illazioni sanguinose, ha solo il terrore irragionevole, l’istinto della fuga, che gli è preclusa”. (Max Horkheimer e Theodor W. Adorno, Dialettica dell’illuminismo).
[Il materialismo] riconosce la realtà dell’Inferno in un unico luogo, qui sulla terra, ed afferma che questo Inferno è stato creato dall’uomo (e dalla Natura). Fa parte di esso il maltrattamento degli animali – opera di una società la cui razionalità è ancora irrazionale”. (Herbert Marcuse, L’uomo ad una dimensione).
[Gli animali] partecipando in qualche modo alla nostra natura per via della sensibilità di cui sono dotati, è da ritenere che debbano anch’essi partecipare al diritto naturale e che l’uomo sia tenuto nei loro riguardi a taluni doveri”. (Jean-Jacques Rousseau, Discorso sull’origine dell’inuguaglianza).
Verrà il giorno in cui il resto degli esseri animali potrà acquisire quei diritti che non gli sono mai stati negati se non dalla mano della tirannia. I francesi hanno già scoperto che il colore nero della pelle non è un motivo per cui un essere umano debba essere irrimediabilmente abbandonato ai capricci di un torturatore. Si potrà un giorno giungere a riconoscere che il numero delle gambe, la villosità della pelle o la terminazione dell’osso sacro sono motivi ugualmente insufficienti per abbandonare un essere sensibile allo stesso destino! Che altro dovrebbe tracciare la linea invalicabile? La facoltà della ragione, o forse quella del linguaggio? Ma un cavallo o un cane adulti sono senza paragone animali più razionali, e più comunicativi, di un bambino di un giorno, o di una settimana, o persino di un mese. Ma anche ammesso che fosse altrimenti, cosa importerebbe? Il problema non è: “Possono ragionare?”, né: “Possono parlare?”, ma: “Possono soffrire?”. (Jeremy Bentham, I principi della morale e della legislazione).
Come si vede, Bentham ha le idee ben chiare e concisamente esprime due concetti fondamentali ancora oggi alla base dell’animalismo: a) esiste un comune senso dell’impudore che lega sessismo, razzismo e specismo: la lotta di liberazione animale è il proseguio naturale della lotta di liberazione degli umani ritenuti, per una qualche ragione, “inferiori” e b) l’unico discrimine di un’etica razionale è la capacità di provare dolore. Tutto questo confluirà, insieme ai concetti elaborati dal liberalismo e dal darwinismo, in quello che, forse, si può definire il testo fondatore dell’animalismo moderno: “Animals’ Rights” di Henry Salt del 1882. E’ interessante notare che Henry Salt non è “semplicemente” un animalista, ma è impegnato a fondo in tutte le principali lotte emancipazioniste del suo tempo (abolizione della pena di morte, riforma carceraria, diritti delle donne e delle minoranze, ecc.) e, pertanto, inquadra la sua esplicita teorizzazione della “liberazione animale” in un più ampio movimento per la rivendicazione dei diritti degli oppressi, che deve essere indipendente dalla razza, sesso e specie di appartenenza.
La svolta culturale avviene nell’ottocento con la teoria dell’evoluzione di Darwin. Discendenza dagli animali e non creazione divina.
Nel novecento una serie di contributi:
– La rilettura dell’evoluzionismo darwiniano non come processo progressivo verso il miglioramento delle specie, ma come processo storico necessariamente imperfetto, entropico e casuale;
– L’affermazione dell’etologia con il riconoscimento che il comportamento animale non è semplicemente il risultato di istinti geneticamente determinati, fino a parlare in ambito scientifico di “menti animali”;
– La nascita dell’ecologia scientifica con il riconoscimento dell’interdipendenza degli esseri viventi;
– Le scoperte di paleoantropologia che hanno mostrato l’esistenza di più linee evolutive di tipo ominide.
– Gli studi sui primati non umani di Jane Goodal, dei coniugi Gardner, di Richard Fouts e di molti altri che hanno mostrato che gorilla, oranghi e scimpanzé non solo sono intelligenti e capaci di usare strumenti, ma anche capaci di imparare il linguaggio umano – l’inverso non è ancora avvenuto!
– Gli studi di biologia molecolare che hanno mostrato che la distanza genetica tra noi e gli scimpanzé (1.6%) è inferiore a quella tra scimpanzé e gorilla ed oranghi (3.6%). Questo anche se non ha portato a vietare l’utilizzo di scimpanzé nella ricerca biomedica, ha portato alla riclassificazione, da parte della scuola cladistica degli scimapanzè in tre specie: lo scimpanzé comune (Homo troglodytes), lo scimpanzé pigmeo (Homo paniscus) e lo scimpanzé umano (Homo sapiens)! Con tre specie oggi esistenti sulla Terra appartenenti al genere Homo, la “favola bella” dell’unicità dell’uomo è da considerarsi definitivamente morta.
Pensiero animalista che, al di là delle immancabili differenze di posizione tra i vari filosofi e le varie correnti, si basa sul concetto fondamentale che quello che dobbiamo agli animali non-umani non discende da considerazioni di tipo empatico, emotivo od affettivo, ma da considerazioni di giustizia.
Cinque filoni di pensiero animalista.
1 – L’utilitarismo di Peter Singer (1946).Filosofia utilitarista della media, secondo cui è buona un’azione che determina un aumento medio di piacere o una diminuzione media di dolore di tutti coloro che in questa azione (attivamente o passivamente) sono coinvolti. Tutti gli animali sono uguali. Proprio come noi, sono in grado di provare piacere/dolore. “Se un essere soffre, non può esistere nessuna giustificazione morale per rifiutarsi di prendere in considerazione tale sofferenza.”
2 – Il giusnaturalismo di Tom Regan (1938-2017). Gli animali non esistono in funzione dell’uomo. Almeno alcuni degli animali non-umani devono essere qualificati come persone e, pertanto, da considerarsi a tutti gli effetti titolari di diritti fondamentali, indipendenti da considerazioni di tipo utilitaristico.
Afferma che quegli animali che condividono con noi “credenze e desideri, percezione, memoria, senso del futuro, (anche del proprio futuro), una vita emozionale, nonché sentimenti di piacere e di dolore, interessi-preferenze e interessi-benessere, capacità di dare inizio all’azione in vista della gratificazione dei propri desideri e del conseguimento dei propri obiettivi, identità psicofisica nel tempo, e benessere individuale, nel senso che la loro esperienza di vita è per loro positiva o negativa in termini logicamente indipendenti dalla loro utilità per altri e dal loro essere oggetto di interesse per chiunque altro”, sono soggetti-di-una-vita e hanno, pertanto, un valore inerente. Secondo Regan, questa categoria deve estendersi almeno fino ad includere tutti i mammiferi con più di un anno di età. Ovviamente, il limite è escludere, almeno per ora, da questa protezione tutti gli altri animali.
3 – Il neocontrattualismo di Donald Van De Veer (1939).
4 – La “filosofia della generosità e dell’auto-sacrificio” di Andrew Linzey.
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citazioni sparse
Come l’istinto dell’animale cerca e consuma il cibo, senza però produrne nulla di diverso da sé, cosí anche l’istinto razionale, nella sua ricerca, non fa che trovare la ragione stessa. Il termine finale, per l’animale, è costituito dal sentimento di sé. L’istinto della ragione invece è nel contempo autocoscienza; ma poiché si tratta solamente di istinto, esso è posto da un lato, di fronte alla coscienza, e ha in questa la propria antitesi. ( Fenomenologia dello spirito, p.231 digitale, Hegel)
“In Inghilterra, in una giuria, non sono ammessi né macellai, né chirurghi, né medici, per la loro insensibilità verso la morte. Quando gli anatomici si servono di animali vivi per i loro esperimenti, ciò è senza dubbio crudele, sebbene sia fatto in vista di qualcosa di buono. Si può ammettere che gli animali siano considerati come strumenti dell’uomo; ma è assolutamente inaccettabile che essi ne costituiscano il gioco. Un padrone che scacci via il suo asino o il suo cane, perché ormai inservibili, rivela un animo meschino.” (Kant, lezioni di etica, p.274)
“Quanto più ci si dedica all’osservazione degli animali e del loro comportamento, tanto più si prova amore per essi, al vedere quante cure essi riservino ai loro piccoli. Si può allora concludere di non essere crudeli neppure verso un lupo. Leibniz, servendosi d’un foglio, riportava sull’albero il piccolo verme, su cui aveva compiuto le sue osservazioni, affinché per sua colpa non gliene venisse alcun danno. Distruggere questa piccola creatura senza ragione non avrebbe potuto non turbare un uomo.” (Kant, lezioni di etica, p.274)
Immanuel Kant (Lezioni di etica, 1775 e La Metafisica dei costumi, 1797-1798) riprende la cosiddetta ‘tesi della crudeltà’ di Tommaso d’Aquino (Summa Theologiae, 1265–1274) e vede il maltrattamento degli animali come un’anticamera per la violenza verso gli uomini (ma considera il rispetto come un qualcosa di riferibile soltanto agli uomini, mai alle cose, come gli animali); (?)
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