Il potere della scrittura, Alard von Kittlitz, Die Zeit, Germania, 2023 (vedi Internazionale 1521 pagina 28)
caratteri Vinča, trovati su molti reperti provenienti dalla regione del Danubio, i più antichi sulle tavolette d’argilla di Tărtăria, risalenti all’incirca al 5300 aC.
Ormai sono quasi quarant’anni che Haarmann studia la civiltà che ha prodotto i caratteri incisi sulle tavolette di argilla. La chiama Europa antica o cultura danubiana e ritiene che sia stata la prima grande civiltà del mondo. Sembra che si estendesse su una vasta area che va dai Balcani alle attuali Romania e Ucraina e che sia esistita dal 6000 al 3000 aC, come una società dai tratti quasi utopici.
Gli antichi europei praticavano l’agricoltura ma non si trattava di contadini arrivati dall’Anatolia, bensì discendenti delle popolazioni arrivate in Europa dall’Africa.
Davano vita a insediamenti da ottomila abitanti e costruivano fornaci per la produzione di ceramiche dagli eleganti decori, fondevano il rame e l’oro per realizzare gioielli e opere di artigianato, producevano vino e olio d’oliva, s’intrecciavano i capelli e realizzavano sculture di particolare bellezza, spesso corpi umani con teste di animali. E avevano appunto queste strane tavolette d’argilla.
La paleografia parte del presupposto che ogni scrittura affonda le sue radici nel disegno, per esempio nella pittura rupestre, con le sue raffigurazioni di tori ed esseri umani.
A un certo punto si è arrivati all’astrazione: Queste forme astratte sono diventate pittogrammi. Una volta standardizzate, hanno acquisito un contenuto informativo che andava un poco al di là del disegno stesso. Significati sempre più astratti hanno dato vita agli ideogrammi. Poi sono arrivati i logogrammi, in cui ogni segno sta per una parola specifica.
I passaggi da un sistema all’altro sono stati a volte fluidi e altre no, e sono avvenuti a volte nell’arco di secoli e altre nel giro di millenni. Non tutti i sistemi di scrittura hanno subìto le stesse trasformazioni e non tutti derivavano da uno più antico: la scrittura ha avuto molti esordi, indipendenti tra loro, in ogni angolo del mondo.
Secondo Harald Haarmann e quelli che la pensano come lui, attualmente possiamo distinguere circa 720 caratteri Vinča. La scrittura dell’antica Mesopotamia ne possiede più di settecento, e la più antica versione della grafia geroglifica ne conta circa settecento, spiega Haarmann. “Il sistema dell’Europa antica è quindi sufficientemente complesso”. Oltre al numero di segni distinti, c’è anche il fatto che questi segni non compaiono solo in modo isolato, ma anche collegati gli uni agli altri. “Per parlare di scrittura dev’esserci un’infrastruttura, con i segni riferiti gli uni agli altri e usati in modo convenzionale, e questo sembra il caso delle iscrizioni dell’Europa antica”.
a inventare questo sistema di scrittura, ben quattromila anni fa, non furono i sacerdoti né i burocrati, ma schiavi e lavoratori quasi del tutto incapaci di leggere e scrivere in senso tradizionale. Oggi sappiamo che erano cananei, costretti a sgobbare per conto del faraone nelle miniere di turchese dell’altopiano Sarabit al Khadim, appartenente all’Egitto. Questi cananei si appropriarono del sistema di scrittura dei loro signori e lo trasformarono: il geroglifico di un bue – aleph in lingua cananea – non rappresentava altro che il suono a, quello di una casa – beth – il suono b e via dicendo. Aleph e beth: l’alfabeto.
Per una scrittura logografica, come il cinese, ci vogliono migliaia di caratteri. Molte scritture sillabiche, invece, ne contano tra i sessanta e i settanta che, però, sono praticamente inutilizzabili in altre lingue. E poi c’è l’alfabeto: bastano circa 25 segni per poter scrivere praticamente le parole di tutte le lingue, in tutte le coniugazioni e declinazioni, in tutti i generi e in tutti i tempi. È infinitamente più semplice e flessibile dei sistemi precedenti: una scatola magica, comoda e inesauribile. Secondo McLuhan la genialità dell’alfabeto sta nella “rottura di ogni legame tra immagine, suono e significato”. Da questo l’autore traeva una considerazione decisiva: il principio della scomposizione non è meramente linguistico, ma riguarda il pensiero, il rapporto con la natura e con il mondo. Con l’alfabeto l’umanità ha acquisito la possibilità di scomporre quello che prima sembrava unitario, organico, divino.
McLuhan ha messo nero su bianco un’idea incredibilmente interessante, complessa e degna di considerazione: la tesi per cui l’alfabeto avrebbe determinato la nostra cultura più di quanto immaginiamo. Quella che chiamiamo “civiltà“ si baserebbe insomma sulle caratteristiche di una supertecnologia cananea risalente a quattromila anni fa. Con l’alfabeto è nato un modo di vivere e di pensare che, a un certo punto, ci ha portati a sezionare l’anima in aree cerebrali, la natura in atomi, l’umanità in popoli e i cittadini in scaglioni fiscali e aventi diritto al voto, mentre allo stesso tempo, passo dopo passo, organizzavamo in nuovi sistemi tutto quello che avevamo suddiviso e atomizzato.
Decliniamo logicamente il mondo, lo rendiamo astratto e uniforme, lo classifichiamo procedendo dalla a alla z, arrivando persino al π, cui corrisponde un numero infinito, e alla x, cui non corrisponde più nessun numero prestabilito, finché il mistero della vita non sembra ridursi a quattro lettere a, c, g, t: le componenti del dna. La scrittura fissa, trattiene, dimostra, è innegabile, costituisce la base della legge.
con i nuovi strumenti d’intelligenza artificiale, sono entrate in scena macchine in grado di scrivere interi saggi nel giro di pochi secondi. Questo implica che saranno prodotti molti più testi di quanti se ne potranno mai leggere, mentre tutti i testi scritti da un essere umano hanno sempre avuto almeno un lettore: il loro autore.
leggere e scrivere sono abilità ben più complesse di quanto abbiamo sempre pensato. Quando leggiamo, attraverso gli occhi non ci limitiamo a udire: percepiamo emozioni, odori, sapori e sensazioni tattili. Una lettura immersiva è un’esperienza che attiva tutte le facoltà cerebrali.
La lettura empatica, come concepita da Wolf, è un’abilità che andrà presto perduta. Lei auspica una nuova concezione della lettura e un nuovo modo d’insegnare a leggere. Parla di bi-literacy, più o meno doppia alfabetizzazione. Mezzi di comunicazione diversi richiedono modi di lettura diversi. Ai bambini questo principio va insegnato il prima possibile e agli adulti va ricordato.