parole che contano
che dicono
conoscono
amano parlare di sé
che vanno e vengono
parole posate
su misura
che restano
riproducono
parole per essere ascoltate
con o senza indirizzo
parole estreme
denotano deducono
che non avrei mai detto
così, tanto per dire
scrivono
parole che s’aggrappano
lavorano
che indicano
traducono inducono
che celebrano
che dicono sempre il vero
stampate
si attraggono
parole che rispondono
che non contano
pesano
o posano
parole sentite
odiate
mai più ripetute
parola che rivendica la propria vita
parola-merce
in mezzo agli sfruttati
sopravvive
ha perso ogni riferimento
adesso che
fino all’inconsistenza
consumata stinta avvizzita
gettata nella vita di tutti
è giunta lontano
virtuale
riscritta e riletta
pronunciata a sproposito
incastrata in un bel discorso
usata al momento giusto
e riutilizzata
acquistata a caro prezzo
finita per calcolo in un libro
scritta sulla carta bianca
di mano in mano per gioco
poi rivenduta e passata
rubata per farne un dono
parola
di costruire
quante possibilità ci sono
di parole, scoprire
testa deturpata da schegge
riempire quel vuoto nella
sull’orizzonte rubato
avvolgerla a quella cosa
muoverla con le labbra
trovarla e dipingerla a nuovo
riversa in un angolo
o vagante
(il silenzio che intercorre veloce
tra una parola e l’altra)
quand’è, allora, che le parole stanno zitte?
(parola che pur rimanendo vestita, tace)
tra parole e immagini artefatte