Società e scienza

Conversazione con Simone Pollo (The Infodemic Jukebox, 4 puntata) sul tema di scienza e società durante l’emergenza per il coronavirus.

Il rapporto fra scienza e società, dopo tre mesi dall’inizio dell’epidemia di covid19, si è confermato in tutti i suoi difetti. Che cosa non è andato bene? Da un lato la società (italiana), in particolare la politica, si è rivolta agli scienziati per chiedere delle certezze. Ha chiesto delle risposte a problemi che sono per loro natura problemi politici, ovvero problemi che hanno a che fare con il governo della salute delle persone e dei diritti fondamentali delle persone. Ha confuso quelle che sono le informazioni che devono guidare le scelte con l’idea che la scienza possa fornire  una linea di condotta per il comportamento. La scienza non fornisce una linea di condotta né per il comportamento individuale né per quello sociale. La scienza ci dà una serie di informazioni, di evidenze, ci mette a confronto con il mondo così come viene costruito attraverso le pratiche di conoscenza scientifica, ma non ha un valore normativo, non ci dice che cosa dobbiamo fare. 

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Dall’altro lato, gli scienziati un po’ ci sono trovati bene in questa situazione in cui la politica gli ha chiesto cosa fare. Si sono trovati alla ribalta delle cronache, e hanno visto  forse una specie di riscatto per il loro ruolo spesso invisibile e ignorato nella società italiana. Questo incontro scienza società è stato abbastanza fallimentare, perché non solo ha creato una situazione discutibile, ma ha perso anche un’occasione per cambiare questa relazione. L’aspetto negativo di questa relazione scienza-società è ben rappresentato dall’affermazione “la scienza non è democratica”. Dobbiamo mettere in discussione questo slogan. È vero che la scienza non è democratica: non si vota per alzata di mano, per esempio, sulle leggi fondamentali della fisica. Ma la scienza è in realtà democratica perché la sua origine nella sua forma moderna coincide con lo sviluppo delle società liberali e democratiche (consiglio libro di Gilberto Corbellini, Scienza e democrazia). Poi, la scienza è democratica in un aspetto più strutturale, più interno, perché si basa sulla parità di tutti i membri e su un uso delle evidenze, in una forma di discussione pubblica. Ci sono coincidenze fra buone pratiche nella scienza e buone pratiche in una società democratica. Da qui si potrebbe partire per creare un nuovo rapporto fra scienza e società, quello che purtroppo non è nato da questa situazione determinata dal coronavirus.

Si è confusa la fiducia in un metodo, in un insieme di pratiche – di cui quotidianamente godiamo spesso in modo inconsapevole – con la fiducia nelle persone. Si è mostrato un deficit di cultura, sia della classe politica sia della società; non si è compreso che la scienza è una metodologia, è un processo, un insieme di pratiche: non è un blocco unico ma è invece  una impresa plurale. La scienza non è un sapere unico. Si è pensato che la scienza fosse un insieme di credenze, di idee e di scoperte che possono costituire un sistema unico. Questo è il motivo per cui le persone non si sono rese conto che il “conflitto” fra scienziati avviene tutti i giorni ma all’interno della loro comunità, nei loro laboratori e nelle loro ricerche sul campo; e che poi alla fine emerge qualcosa su cui tutti tendono a convergere. Noi abbiamo visto il conflitto in diretta diventare a volte anche uno spettacolo. La fiducia non va data alle persone o alle idee della scienza, ma al metodo.

Non basta dire l’arretratezza della cultura italiana, c’è anche una asimmetria fra quella che è l’evoluzione della scienza, delle conoscenze scientifiche e il nostro modo di pensare, le nostre intuizioni. 

Il caso più evidente è fra teoria dell’evoluzione darwiniana e il nostro modo di pensare che invece è finalistico. Noi non riusciamo a metterci in testa come funziona l’evoluzione, ossia in modo casuale e contingente, non finalistico. È la nostra testa che invece è abituata a pensare in termini intenzionali e finalistici. In noi ci sono chiare tendenze verso il pensiero magico e biaies e conoscenze euristiche, tutte cose che ci stanno più comode e ci tranquillizzano.

Si è persa la natura plurale della ricerca scientifica, un po’ come se fosse una religione. Si è pensato che la scienza potesse essere un insieme di credenze, di scoperte, che sembrano costituire un sistema unico e compatto. Ed è questa la ragione per cui le persone non si sono rese conto del “conflitto” fra gli scienziati.

Un virologo ha detto”Dobbiamo pensare che siamo tutti malati.” Sembra molto simile al dire che siamo tutti peccatori, ossia siamo tutti in una situazione di colpa, e questa colpa per non diventare nociva per noi stessi e per gli altri deve essere espiata attraverso una sorta di punizione che è quella di stare chiusi in casa. Questo dimostra che c’è una sovrapposizione fra quelle che sono le questioni medico scientifiche e certi modi di pensare che sono propri del pensiero magico o della religione

Gould sosteneva che scienza e religione non sono magisteri sovrapposti e dovrebbero occuparsi di faccende diverse. In realtà, come dimostra questa situazione, scienza e religione sono sovrapposte. I contenuti che noi comprendiamo attraverso forme di pensiero scientifico o cerchiamo di interpretare attraverso forme di pensiero religioso tendono a rispondere agli stessi bisogni, perché quel potere rassicurante del pensiero magico l’abbiamo visto lavorare in un certo modo di comunicazione scientifica che è stato messo in onda. Noi non siamo ancora in grado di separare questi due modi di vedere il mondo (scientifico e religioso) ma  questa situazione  ha mostrato come il pensiero scientifico abbia le potenzialità di rappresentare un’alternativa a forme di superstizione o a forme alterate di conoscenza.

La comunicazione della scienza è una disciplina e dovrebbe essere fatta da chi lo fa di mestiere. I pochi divulgatori attivi non hanno avuto molto spazio. È vero che gli scienziati devono essere responsabili ma non gli si può chiedere di fare quello che non è il loro mestiere. Avere una trasparenza rispetto alle istanze della società è importante, ma altra cosa è quella di chiedergli di essere sempre visibili e comprensibili. Dovrebbero esserci dei professionisti che fanno da mediatori con il pubblico. La cosa positiva è aver capito che il dibattito interno alla comunità scientifica è vitale per la società. Ciò che è venuto fuori è che senza dibattito scientifico le nostre società sono vulnerabili.  Spero che su questo la consapevolezza individuale e sociale abbia fatto un piccolo scatto in avanti. 

Ruolo degli esperti nelle decisioni politiche: la scienza moderna nasce come una faccenda fra gentiluomini, fra personaggi che nel seicento si mettono a indagare una serie di fenomeni e, ovviamente semplificando, si fidano reciprocamente e si danno vicendevolmente credito. Questa origine ha generato l’idea che lo scienziato sia una persona autorevole – e questa idea non è da buttare via – ma si scontra con la situazione contemporanea dove la scienza è una impresa collettiva, che coinvolge scienziati e ricercatori che sono veri e propri operai della conoscenza. Quando, oggi, parliamo di esperti, dobbiamo sapere che sono figure che emergono su un terreno fatto di decine di migliaia di persone che stanno nei loro laboratori a fare tante operazioni che messe insieme producono quella conoscenza. La scienza non è riassunta da un singolo individuo che racchiude in sé il sapere scientifico.

La grande svolta nella medicina nella seconda metà del ventesimo secolo è l’idea che la percezione soggettiva ha un peso altrettanto importante della valutazione oggettiva per sentirsi di essere malati. Lo stato di malattia è definito anche da come io mi sento rispetto alla malattia.

Cosa significa la frase “siamo tutti malati”? non solo è sbagliata da un punto di vista epistemologico, ma anche da un punto di vista normativo, perché rischia di incrementare comportamenti scorretti. Altra cosa è dire sii prudente, responsabile. In questo caso è un appello al soggetto, non nel senso della colpevolizzazione ma della collaborazione attiva di quello che tu puoi fare.

È evidente che questa mostrato una mancanza della politica, ma tale mancanza è precedente e viene da una mancata progettualità e di investimento sul futuro in tutto lo schieramento politico. Conte ha detto la vita e la salute sono beni non negoziabile, sembra ignorare il fatto che negli ultimi sessant’anni c’è stato un dibattito – per esempio la bioetica – nel quale vita e salute sono beni negoziabili,  non per dire che non sono importanti, ma per dire che le nostre vite per essere condotte in libertà e progettualità devono essere messe a confronto con la possibilità di bilanciare tutta una serie di beni. È evidente che in questa situazione dobbiamo preoccuparci della salute di tutti i cittadini ma non far sparire ogni altro bene.

Questa assenza di progettualità si vede nell’atteggiamento reticente che c’è stato e c’è nella gestione di scuole e università, che sono i luoghi non unici ma privilegiati della progettualità.  Scuola e università rimangono sempre in fondo all’agenda politica. Qui non c’entra il rischio epidemico. Si tratta di dire che ci sono, magari non si possono riaprire adesso ma si potrebbe dare una “road map” (termine irritante) di quello che dovrà capitare. Fino ad ora non si è visto nulla.

Brano scelto da Simone: L’ultima luna di Lucio Dalla https://youtu.be/z-oyMrXFoNU

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Mia considerazione a margine.

Nel sentire comune e più diffuso si attribuisce alla scienza un significato quasi magico: si identifica la scienza con lo sviluppo delle tecnologie e si pensa che con queste si possa risolvere ogni genere di problema e superare ogni ostacolo alla vita. Si guarda alla scienza con lo stesso atteggiamento di speranza con cui ci rivolgiamo alla religione. Gli scienziati da parte loro  non vedono occasione migliore per salire alla ribalta, per avere quella visibilità che il sistema economico consumistico gli nega e che la politica non riconosce se non in termini celebrativi di singole personalità – cosa che si fa, infatti, nell’ambito delle religioni, della politica e dello spettacolo. La gente si aspetta certezze e molti scienziati mostrano una sicurezza che lo stesso metodo scientifico contraddice: la ricerca procede per piccoli e lunghi passi ma i risultati sono sempre legati a un processo che continua nel tempo tra errori, scoperte casuali e coincidenze determinate più dall’ampiezza delle ricerche che non dalle finalità dettate dall’economia.